Il Fine della SEO (e la fine della SEO)

ATTENZIONE! Non stai leggendo un normale articolo di un normale blog, ma i capitoli di un vero e proprio ebook riadattati per il web. Per saperne di più: e-book SEO.

C’era un periodo, dicevamo (nel capitolo precedente), in cui gli altri motori di ricerca “esistevano”. A questo seguì un periodo durante il quale i motori di ricerca esistevano… ma solo nei preventivi dei consulenti SEO!

Era il periodo in cui si vendeva il posizionamento fine a se stesso.

Ma qual è in verità il vero fine della SEO?

Posizionamento fine a se stesso?

Qualche SEO un po’ più scaltro vendeva il suo servizio in questi termini:

“Ti posiziono 500 parole chiave nelle prime 3 pagine dei 3 principali motori di ricerca. Se non riesco a farlo per almeno l’80% delle parole chiave ti restituisco i soldi.”

Suona bene? Probabilmente sì.

Qual è il trucco però? In realtà i trucchi erano più di uno…

  1. Trucco #1: 500 parole chiave
    Se ad esempio la parola chiave principale era “albergo a roma” – e quindi molto difficile da raggiungere perché già molto competitiva – la maggior parte di queste 500 parole chiave assomigliavano a qualcosa del tipo “albergo a roma con ristorante di pesce nelle vicinanze” oppure “albergo a roma con vasca da bagno in camera”, in altre parole: keyword – in un’epoca che non conosceva ancora Tripadvisor e Booking.com – molto facili da posizionare.
  2. Trucco #2: prime 3 pagine
    Lo vedremo presto: solo una percentuale bassissima degli utenti arriva alla seconda pagina di Google e posizionare una parola chiave in terza pagina è molto – ma molto – più facile che posizionarla in prima.
  3. Trucco #3: dei 3 principali motori di ricerca
    Qui si ritorna al discorso di prima: ancora non era evidente alla maggior parte degli utenti, ma da un certo periodo in poi – quando i servizi SEO stavano iniziando a diffondersi – iniziò a “esistere” solo Google.

Ma c’è un altro motivo per il quale il posizionamento fine a se stesso non è il fine della SEO.

Una parola chiave può essere più o meno adatta all’entità (azienda, professionista, sito web) che stiamo promuovendo: una parola chiave può essere

Poteva capitare che il cliente chiedesse al consulente SEO:

“Voglio essere posizionato con queste cinque parole chiave. Quanto mi costa?”

Ma veramente il cliente è in grado di capire quali sono le parole chiave più importanti senza l’aiuto o il suggerimento del consulente SEO?

Veramente concentrare gli sforzi nel posizionare il sito del cliente con 5 parole chiave è la strategia migliore per il cliente?

Traffico fine a se stesso?

Se quindi il fine della SEO non è il posizionamento fine a se stesso… potrebbe esserlo il traffico?

No, nemmeno il traffico è il fine vero della SEO. Se davvero il consulente SEO si limitasse a generare traffico verso un sito, potrebbe trovarsi spesso nella condizione di aumentarne il traffico “poco interessato”.

Ci sono molte ricerche degli utenti che includono la parola “prezzi” e simili (“costi”, “tariffe”… ma anche “offerte”, “sconti”…)Mettiamo che il mio cliente sia un talentuoso fotografo di Firenze, se il mio fine è aumentare il traffico fine a se stesso del suo sito certamente sarò molto interessato a posizionarmi con pagine ottimizzate per parole chiavi tipo “fotografo firenze prezzi”.

Qual è il problema?

Che posizionarmi per quella parola chiave mi porterà sì un bel po’ di traffico in più, ma mi porterà un tipo di clientela più interessata a risparmiare piuttosto che ad avvalersi di un servizio qualitativamente superiore… mentre il mio cliente vorrebbe puntare proprio a quel tipo di clientela!

Nel caso qui sopra descritto, un aumento di traffico non corrisponderebbe affatto a un aumento del beneficio del mio cliente. A questo punto la domanda potrebbe essere più che lecita: il mio è stato un buon servizio SEO?

Questione di business: Il tasso di conversione

Bocciati, quindi, sia il posizionamento che il traffico fine a se stesso come scopi primari.  Qual è allora il vero fine della SEO?

Il vero fine della SEO è portare un reale beneficio al business dei propri clienti.

Un beneficio che certamente deriverà anche da un miglioramento del posizionamento delle parole chiave relative al business del mio cliente.

Un beneficio che certamente deriverà anche da un aumento del traffico qualificato dai motori di ricerca verso il sito.

Ma soprattutto un beneficio che deve essere direttamente proporzionale all’aumento delle entrate nell’attività del mio cliente. Perché alla fine della fiera è lui che mi paga… e se il suo business prospera, prospererò anche io.

Questa considerazione solleva però una questione delicata: se riesco a posizionare il sito del mio cliente per le parole chiave giuste e se riesco a portare traffico qualificato al suo sito, ma poi il sito non “converte”, di chi è la responsabilità?

Convertire = trasformare gli utenti di un sito in clienti o, in alcuni casi, in clienti potenziali (ad esempio se la nostra strategia di marketing prevede un’iscrizione a una newsletter come “propedeutica” alla vendita). E quindi una…

Conversione = conteggio di un utente che ha compiuto una delle azioni che corrispondono a un obiettivo del nostro sito web: vendere un prodotto, riempire il form di contatto, iscriversi alla newsletter ecc.

Tasso di conversione = rapporto percentuale tra il numero di utenti che visitano un sito web e il numero di utenti che compiono l’azione desiderata (vedi sopra).

A proposito di “SEO = mago”, impara subito, e fai imparare subito al tuo cliente, che la SEO in senso stretto arriva fino a un certo punto. Ci sono delle questioni che vanno apparentemente oltre la SEO e che possono mettere il bastone tra le ruote nel delicato percorso che dovrebbe portare un utente a diventare cliente.

Ad esempio il sito potrebbe essere incomprensibile, lento o poco affidabile. Al consulente SEO allora tocca salvare capra e cavoli e sconfinare in campi altrui…

È seo o è web marketing?

“Ma perché non fai il tuo lavoro senza rompere?” potrebbe chiedere accigliato il web designer.

“Ti pago per posizionare il mio sito, mica per darmi consigli su come farlo” potrebbe dire indispettito il cliente.

Ma il SEO – se vuole essere un bravo SEO – deve andare oltre, guardare a lungo termine, dare un po’ di “tough love”, come si dice in inglese… in altre parole essere “duro” a fin di bene.

In realtà sto un po’ esagerando, queste cose era più probabile che avvenissero in passato che adesso. Ma il racconto è funzionale a dove voglio portarti, caro il mio lettore. E dove voglio portarti è verso due considerazioni.

La prima è che il nostro obiettivo è che il business del nostro cliente prosperi (e che il cliente capisca chiaramente che se il suo business sta prosperando è anche grazie a noi). Se non prospera, non ci sarà più budget per la prossima campagna SEO, sia questa tra un mese o tra un anno o in un futuro non ancora determinato.
E sarebbe abbastanza drammatico, oltre che anche piuttosto ingiusto, se questo accadesse non per nostra responsabilità ma per via di una grafica poco curata, un’usabilità del sito errata, una scarsa capacità di comunicazione del sito.

La seconda è più recente e decisamente più affascinante: tra quegli oltre 200 fattori di Google a cui abbiamo accennato (li vedremo, li vedremo) alcuni di questi si ascrivono a quelli che possiamo definire i “segnali dell’utente”. Ti faccio un esempio, anzi, facciamo un esercizio:

Visualizzazione guidata

Immagina di essere Google.

Arriva un utente che fa una ricerca nel tuo solito boxettino di ricerca.

Come tuo solito gli mostri i risultati secondo te più pertinenti alla sua query.

L’utente vede la tua SERP e decide di cliccare proprio sul primo risultato che gli hai mostrato.

Sono soddisfazioni! Significa che devi avergli mostrato proprio un bel risultato se ha deciso di cliccare su quel primo risultato senza troppe esitazioni!

Ma che succede? L’utente, pochissimi secondi dopo – giusto il tempo di caricare la pagina – ritorna nella tua SERP e valuta invece il resto dei risultati.

Che delusione! Sai che c’è? Mi sa che quel sito che avevamo messo in prima posizione per quella determinata parola chiave… forse non è dopotutto quel gran bel risultato che pensavamo… e forse c’è qualche altro sito che merita di essere in prima posizione per quella parola chiave…

Ecco, questo è quello che chiamiamo un “segnale dell’utente”.

Questo è solo un esempio del tipo di dati che Google è in grado di notare.

Google resta una macchina, è vero, e avrà di certo i suoi limiti a valutare un contenuto web come se fosse un essere umano…
ma ha certamente accesso a una infinità di dati sul comportamento degli utenti che possono essere molto indicativi del gradimento che un essere umano può dare di una risorsa web.

Arrivando al sodo:

  1. il comportamento degli utenti condiziona il posizionamento di un sito web.

Ma se il comportamento degli utenti condiziona il posizionamento di un sito web… allora

  1. tutto quello che condiziona il comportamento dell’utente è SEO!

Lo è la grafica del sito, lo è la scrittura, lo è la comunicazione.

È SEO anche quello che succede dopo il sito e al di là del sito.
Lo sono in teoria perfino la brochure e il biglietto da visita (dove, vien da sè, ci dovrà essere ben chiaro l’indirizzo del sito).
Per come la vedo io sono SEO perfino la gentilezza e l’onestà dei venditori di un’azienda, così come l’umore e lo spirito di partecipazione dei dipendenti.

Ma anche la SEO (e quindi il SEO) arriva fino a un certo punto.

Dove finisce la SEO e comincia l’azienda

Se in teoria tutto quello che abbiamo visto sopra è SEO – in quanto potrebbe influenzare il comportamento degli utenti nell’ecosistema – nella pratica il consulente SEO può monitorare solo quello che avviene all’interno del sito web. Il SEO può per esempio sapere che quel dato mese è riuscito ad aumentare del 20% le richieste di contatto, ma cosa avviene dopo… questo il SEO non lo può sapere.

Se non c’è nessuno a rispondere con cortesia ed efficacia a quelle nuove richieste di contatto… questo il SEO non lo può sapere.

Se il servizio o il prodotto che il SEO deve promuovere è un servizio o un prodotto scadente… nemmeno questo il SEO lo può scoprire! Meglio prima che poi ma anche meglio tardi che mai!

E una volta che lo scopre farà molto bene a scappare!

Perché innanzitutto non è etico promuovere un prodotto o servizio scadente… ma soprattutto è avvilente e deprimente avere a che fare con un cliente che pretende di sopperire alle mancanze del prodotto/servizio con qualche “trucco” SEO.


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